Con la Sentenza in oggetto la Cassazione riepiloga alcuni principi in tema di restituzione di somme indebite per effetto di pronunce giudiziali e di compensazione mediante trattenute su crediti generalmente non pignorabili e non soggetti a compensazione, quali la pensione di invalidità, l’indennità di accompagnamento, l’assegno sociale, avuto anche riferimento alla regola del minimo impignorabile.
Preliminarmente la Corte osserva che la restituzione di una somma pagata in ottemperanza ad una sentenza di merito provvisoriamente esecutiva non rientra nel campo di applicazione o nella fattispecie legale della condictio indebiti (art. 2033 c.c.). Quest’ultimo meccanismo riguarda infatti il pagamento effettuato nell’ambito di un rapporto privatistico e non nell’ottemperanza di un atto pubblico autoritativo.
Tanto premesso, nel caso di titolarità di una prestazione di invalidità civile contestualmente ad un debito del beneficiario nei confronti dell’INPS per i medesimi titoli, in relazione a somme indebitamente percepite, è consentita la c.d. compensazione impropria, che presuppone che i rispettivi debiti e crediti abbiano origine da uno stesso rapporto (in tal caso il giudice la può ammettere direttamente senza alcuna eccezione di parte o specifica domanda). Il fatto che sia una compensazione impropria esclude l’applicazione di tutte le regole in materia di compensazione vera e propria, ed in particolare la deducibilità per intero del controcredito dal credito per sua natura impignorabile. La Corte, nel caso in esame, ha ritenuto non ammissibile la compensazione impropria, non avendo origine, i rispettivi crediti e debiti, dal medesimo rapporto: l’assegno sociale è infatti prestazione che non deriva dalla verifica di uno stato di invalidità e che non investe la tutela di condizioni di salute o di gravi situazioni di urgenza.