Siamo in grado di realizzare e supportare le imprese nella delicata fase di riorganizzazione aziendale e societaria che generalmente
vengono poste in essere a mezzo di operazioni societarie straordinarie, per tali da intendersi scissioni, fusioni e trasformazioni, conferimenti
e cessazione.
Ci rivolgiamo, inoltre, a studi professionali e/o società di servizi in cerca di un partner affidabile per un sopporto nella gestione di operazioni straordinarie in favore dei propri Clienti: così facendo il nostro interviento sarà pari a quello di un collaboratore interno allo studio.
Il nostro team di esperti in operazioni straordinarie, composto da commercialisti ed avvocati con esperianza ultradecennale nel settore, dopo aver analizzato la situazione societaria attuale, che prevede anche una disamina della fattibilità dell’operazione richiesta dal Cliente, procederà con la realizzazione delle operazioni straordinarie richieste occupandosi di tutti gli aspetti necessari, sia sotto un profilo legale-procedurale, che sotto un’ottica fiscale per garantire che l’operazione posta in essere non possa essere oggetto di contestazione sia dai soci che dall’amministrazione finanziaria.
La scissione rappresenta un complesso procedimento di ristrutturazione societaria che comporta la suddivisione di un singolo patrimonio sociale tra più entità, che possono essere società già esistenti (nel caso della scissione per incorporazione) o di nuova costituzione (per la scissione in senso stretto), anche di natura diversa rispetto a quella che si scinde, o altri enti giuridici (scissione eterogenea).
La scissione totale si verifica quando una società scissa trasferisce integralmente il suo patrimonio a diverse società beneficiarie, cessando di esistere senza procedere alla liquidazione. In questo contesto, i soci della società scissa ricevono azioni delle beneficiarie in base al rapporto di cambio stabilito nel progetto di scissione.
Contrariamente, nella scissione parziale, la società scissa trasferisce solo una porzione del suo patrimonio a una o più società beneficiarie, mantenendo la sua esistenza. I soci della società scissa, oltre a conservare le loro azioni, ricevono azioni delle beneficiarie in proporzione al rapporto di cambio stabilito.
Il processo di scissione si sviluppa attraverso tre fasi fondamentali:
Gli organi amministrativi della società scindenda elabora il progetto, che include la situazione patrimoniale, una relazione illustrativa delle ragioni alla base della scissione ed i relativi vantaggi, una dettagliata descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire alle beneficiarie, eventuali conguagli in denaro ed i criteri di distribuzione delle quote o azioni alle beneficiarie. In sostanza il progetto di scissione illustra e riporta tutti gli elementi essenziali della futura scissione che verrà sottoposta all’attenzione dell’assemblea dei soci.
La scissione deve essere approvata mediante la deliberazione del progetto da parte dell’assemblea della società scindenda, sarà cura dell’organo amministrativo, nella figura del Presidente o dell’Amministratore Unico, illustrare all’assemblea l’opportunità di procedere alla scissione ed i vantaggi che si intendono conseguire; infine, il progetto, una volta approvato dall’assemblea, dovrà essere reso pubblico a mezzo di pubblicazione in Camera di Commercio per garantire eventuali lesioni dei diritti dei terzi.
In assenza di opposizioni da parte dei creditori, gli organi amministrativi delle società coinvolte procedono alla stipula dell'atto di scissione tramite atto pubblico, quindi sarà obbligatorio l’intervento del notaio. L’atto di scissione deve essere registrato nel registro delle imprese presso la Camera di Commercio; dal momento della registrazione la scissione potrà considerarsi perfezionata e, pertanto, conclusa.
Da questo momento in poi, ciascuna delle società beneficiarie assume i diritti e gli obblighi della società scissa, diventando responsabile solidalmente dei debiti non saldati dalla società scissa, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto a essa assegnato o rimasto.
Completate le formalità, l'atto di scissione diventa irrevocabile, salvo il diritto dei soggetti pregiudicati di agire in responsabilità.
Per risolvere in modo efficace le problematiche e le divergenze insormontabili tra i soci, un metodo che certamente può rappresentare una soluzione definitiva è il ricorso a operazioni di scissione asimmetrica non proporzionale. Questa strategia garantisce la continuità delle attività sociali attraverso una riorganizzazione delle strutture aziendali, superando le criticità che, altrimenti, potrebbero portare a situazioni di stallo nella gestione della società interessata.
In molti casi, i conflitti tra soci sorgono a causa di divergenze nella visione aziendale, opinioni discordanti sulle decisioni gestionali o contrasti di natura personale. Queste situazioni si verificano principalmente in società con patrimoni -principalmente immobiliari- familiari, dove i conflitti tra eredi possono emergere dopo la scomparsa del capofamiglia.
Per preservare il patrimonio sociale in queste circostanze, è consigliabile considerare la possibilità di una divisione tra i soci in conflitto. La scissione asimmetrica non proporzionale offre notevoli vantaggi, sia dal punto di vista societario che fiscale.
Supponiamo di avere una società "Alfa" con quattro soci, ciascuno proprietario del 25% di un patrimonio immobiliare costituito da quattro immobili di pari valore. In caso di contrasti tra tutti e quattro i soci, tali da paralizzare la gestione della società (fin anche alla mancata approvazione del bilancio), la scissione asimmetrica non proporzionale consentirebbe di dividere i quattro immobili in modo che "Alfa" rimanga solo un socio con un immobile per poi costituire altre tre società cadauna con un socio diverso. In tal modo, all’esito della scissione non proporzionale, si otterranno 4 società cadauna con un immobile di proprietà al 100% di un unico socio della “Alfa”.
In generale, la scissione societaria consente di separare una parte del patrimonio sociale a favore di un'altra società, già esistente o di nuova costituzione. Nel caso specifico della scissione asimmetrica non proporzionale, si evita la distribuzione di azioni o quote della società beneficiaria a uno o più soci della società scissa. Questo approccio è regolamentato dall'articolo 2506, comma 2, del codice civile, che prevede la possibilità di non distribuire azioni o quote a determinati soci con il consenso unanime di tutti i partecipanti.
I vantaggi societari includono la separazione condivisa tra i soci e la continuità delle attività aziendali, nonostante la separazione in società distinte. La scissione asimmetrica non proporzionale consente una riorganizzazione aziendale che supera i conflitti, distribuisce equamente il patrimonio e mantiene un'autonomia decisionale senza rischio di stallo gestionale.
Dal punto di vista fiscale, l'operazione è vantaggiosa in quanto rappresenta un'operazione fiscalmente neutra ai sensi dell'articolo 173 del TUIR. Inoltre, il trasferimento patrimoniale dalla società scissa a una o più società beneficiarie non comporta automaticamente la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d'impresa e dalla tassazione corrispondente.
È importante notare che l'Agenzia delle Entrate non considera questa operazione come abusiva, come indicato in diversi interpelli recenti (ad esempio, gli interpelli n. 36/2018, n. 40/2018 e n. 68/2018). Questo rafforza ulteriormente la validità e la legalità dell'approccio della scissione asimmetrica non proporzionale per risolvere conflitti insanabili tra i soci, consentendo a ciascun socio di proseguire autonomamente senza compromettere il valore aziendale finora costruito.
L'operazione di fusione, di norma realizzata sotto forma societaria, rappresenta un processo di compenetrazione di imprese, unificando una pluralità di entità in una singola struttura organizzativa. La fusione può essere propria, quando due o più società creano una nuova entità, o per incorporazione, quando una o più società vengono integrate in una società preesistente.
La caratteristica distintiva della fusione risiede nella riduzione a unità dei patrimoni delle singole società e nell'integrazione dei rispettivi soci in un'unica struttura organizzativa. Quest'ultima assume tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, delle società fuse o incorporate, continuando l'attività mentre le società originarie si estinguono. La fusione può avvenire anche attraverso acquisizione con indebitamento o leverage.
Il procedimento di fusione si sviluppa attraverso tre fasi cruciali: la fase del progetto, la fase della delibera e l'atto finale. Per garantire che i soci possano prendere decisioni informate, l'organo amministrativo di ciascuna società redige il progetto di fusione, corredato dalla situazione patrimoniale e da una relazione dettagliata che include il rapporto di cambio. Quest'ultimo rappresenta il numero di azioni o quote della società incorporante o di nuova costituzione che verranno assegnate ai soci per ogni specifico numero di azioni o quote della società originariamente partecipata. Tutti i documenti devono essere depositati presso le sedi delle società coinvolte nei 30 giorni precedenti la deliberazione sull'atto di fusione, che avviene in assemblea straordinaria. La deliberazione e il progetto di fusione devono essere successivamente depositati presso il registro delle imprese. I creditori possono presentare opposizione entro 60 giorni dall'ultima iscrizione prevista, e la fusione può essere attuata solo dopo il trascorrere di questo termine, a meno che non vi sia il consenso dei creditori.
L'atto di fusione, risultante da atto pubblico e iscritto nel registro delle imprese, non può essere dichiarato invalido, ma persiste il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi. La fusione per incorporazione di società possedute interamente o al 90% segue una procedura semplificata.
Poiché le operazioni di fusione possono influenzare il corretto funzionamento del mercato, se le imprese coinvolte superano i parametri di fatturato indicati nella legge antitrust, sono soggette alle procedure di notifica preventiva all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
L'ottimizzazione fiscale delle operazioni straordinarie riveste un ruolo di fondamentale importanza nella progettazione strategica delle attività aziendali, concentrandosi su aspetti chiave quali la neutralità fiscale e la prevenzione degli abusi del diritto.
Le operazioni straordinarie, spesso legate alla riorganizzazione di gruppi societari, possono anche verificarsi in seguito ad acquisizioni di entità esterne. Ad esempio, la razionalizzazione di strutture duplicate o la semplificazione della catena societaria rappresentano tipici scenari di riorganizzazione interna. Allo stesso modo, l'acquisizione di partecipazioni seguita da fusioni o scissioni sono pratiche comuni per ottimizzare la struttura del gruppo.
In quest'ottica, le operazioni straordinarie possono svolgersi sia per migliorare l'efficienza e la riorganizzazione interna, sia per acquisire nuove entità esterne. Spesso, nella seconda ipotesi, l'obiettivo è completare un disegno strategico e posizionare l'entità acquisita in modo efficiente all'interno del gruppo.
È importante notare che durante queste operazioni, l'obiettivo primario è evitare penalizzazioni fiscali. Mentre le acquisizioni possono comportare tassazioni significative, le riorganizzazioni interne mirano a migliorare l'efficienza senza peggioramenti fiscali. Ad esempio, la cessione di partecipazioni, se soddisfa i requisiti della participation exemption, può beneficiare di un'esonero fiscale del 95%, riducendo notevolmente l'imponibilità per il cedente.
In sintesi, la fiscalità delle operazioni straordinarie gioca un ruolo centrale nella determinazione delle strategie di riorganizzazione aziendale, richiedendo una pianificazione attenta al fine di massimizzare i vantaggi fiscali e evitare potenziali rischi legati all'abuso del diritto.
La nuova normativa sulla scissione mediante scorporo introduce il concetto che la società scissa debba "continuare" la sua attività dopo lo scorporo. Questo concetto solleva interrogativi su cosa significhi esattamente questa "continuazione". È chiaro che non implica necessariamente la prosecuzione dell'attività esercitata prima dello scorporo. Ad esempio, se lo scorporo coinvolge solo l'azienda operativa, lasciando alla società scissa solo la parte immobiliare, questa dovrà adeguare il suo oggetto sociale, trasformandolo da attività produttiva a gestione di immobili.
Un aspetto importante è che l'operazione di scorporo non concede il diritto di recesso ai soci della società scissa che non votano a favore dell'operazione. Ciò è giustificato dal fatto che lo scorporo non dovrebbe influire significativamente sui soci, poiché la partecipazione nella società beneficiaria, che si origina con lo scorporo, sostituisce i beni oggetto dello scorporo nei bilanci della società scissa.
Il nuovo articolo 2506.1 del Codice civile stabilisce che la scissione mediante scorporo deve avvenire a vantaggio di una società beneficiaria di nuova costituzione. Tuttavia, sorge la domanda se lo scorporo possa avvenire anche a vantaggio di una società beneficiaria preesistente. Mentre Assonime e il Consiglio nazionale del notariato sostengono un'interpretazione restrittiva, che limita lo scorporo solo alle nuove costituzioni, la questione rimane aperta.
Se lo scorporo è effettuato a favore di una società preesistente, potrebbe essere interpretato come un conferimento in esecuzione di un'operazione di aumento del capitale sociale o come una cessione di partecipazioni sociali, a seconda delle circostanze. Il Consiglio nazionale del notariato, inoltre, sostiene che lo scorporo potrebbe coinvolgere più di una società scissa, partecipando al capitale della nuova società costituita in proporzione al valore del loro apporto.
In sintesi, mentre la legge richiede una nuova costituzione per la società beneficiaria, la questione di uno scorporo con coinvolgimento di più società scisse o a favore di società beneficiaria preesistente rimane aperta e soggetta a interpretazione.
La prova di neutralità fiscale per le operazioni straordinarie svolge un ruolo cruciale nelle dinamiche di riorganizzazione aziendale o di gruppi societari. L'obiettivo principale di tali operazioni è solitamente la razionalizzazione delle strutture aziendali o la gestione amministrativa, ma possono anche verificarsi per soddisfare obiettivi specifici della compagine sociale, come la separazione di soci con visioni divergenti o la preparazione per il passaggio generazionale.
La normativa fiscale relativa alle operazioni straordinarie è disciplinata nel Testo unico delle imposte sui redditi, negli articoli dal 170 al 177. Gli articoli successivi, da 178 a 181, affrontano specificamente le operazioni straordinarie tra soggetti residenti in Stati membri diversi dell'Unione europea. Questo quadro normativo ha subito poche modifiche significative nel corso degli anni, con l'ultima modifica sostanziale introdotta dal "Decreto Crescita" (Dl 34 del 2019), che ha ampliato l'ambito del regime di "realizzo controllato" per le operazioni di "scambio di partecipazioni" disciplinate dall'articolo 177 del Tuir.
A seconda dell'operazione straordinaria e dei soggetti coinvolti, possono applicarsi diversi regimi fiscali, tra cui la "neutralità fiscale" per trasformazioni, fusioni e scissioni di società; la "neutralità fiscale" o la "doppia sospensione d'imposta" per i conferimenti d'azienda; il "realizzo controllato" per i conferimenti di partecipazioni di controllo o collegamento e gli "scambi di partecipazioni" che soddisfano specifici requisiti; e il "realizzo a valore normale" per casi non rientranti nelle categorie precedenti, come le "trasformazioni eterogenee".
La valutazione preliminare del contesto specifico e degli obiettivi desiderati tramite l'implementazione di operazioni straordinarie richiede un'attenta considerazione degli impatti fiscali. Gli operatori coinvolti possono trarre beneficio dalle numerose interpretazioni fornite dalle risposte agli interpelli pubblicate regolarmente sul sito dell'Agenzia delle Entrate. Questo approfondimento si concentra sull'individuazione dei confini di applicabilità della "neutralità" fiscale nelle fusioni e scissioni, considerando anche le recenti modifiche introdotte dalla Legge di bilancio 2023, che ha ripristinato la possibilità di optare per l'assegnazione agevolata di beni e la trasformazione "agevolata" in società semplice, opzione non disponibile da sei anni.
“Neutralità fiscale” in termini generali e applicabilità in caso di enti diversi dalle società
La questione della neutralità fiscale e della sua applicabilità in termini generali riveste un'importanza cruciale, poiché una valutazione errata di questa condizione nelle operazioni straordinarie può comportare conseguenze rilevanti in termini di maggiori imposte dovute. In un contesto economico che spesso richiede decisioni tempestive, è fondamentale effettuare una valutazione approfondita di tutti gli aspetti, compresi quelli fiscali, al fine di intraprendere operazioni straordinarie in modo consapevole.
Gli articoli 172 e 173 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) stabiliscono il principio di "neutralità fiscale" per le operazioni di fusione e scissione di società. Questo principio implica che il passaggio dei beni da società o enti preesistenti a quelli risultanti da tali operazioni avvenga senza generare fenomeni realizzativi. La normativa si applica anche a enti diversi dalle società, a condizione che gli stessi producano reddito d'impresa derivante dall'esercizio di attività commerciali.
Tuttavia, è necessario sottolineare che il principio di neutralità fiscale è condizionato dal fatto che gli enti coinvolti nell'operazione adottino un sistema di rilevazione dei valori tipico della tassazione in base al bilancio, propria delle società commerciali. Pertanto, quando si affrontano operazioni straordinarie con la partecipazione di enti diversi dalle società, occorre prestare particolare attenzione e verificare se il principio di neutralità fiscale è applicabile in modo analogico.
Se un ente non commerciale partecipa a un'operazione di fusione o scissione, il principio di neutralità fiscale si applica solo alle attività che escono dall'impresa per confluire in un'altra attività d'impresa. In caso contrario, il trasferimento di beni da un'attività d'impresa all'attività istituzionale comporta la destinazione di tali beni a finalità estranee all'esercizio di impresa, con conseguente realizzo al valore normale, simile a quanto previsto per la trasformazione eterogenea secondo l'art. 171 del Tuir.
Analogamente, il trasferimento di beni rientranti nell'attività istituzionale a un'attività d'impresa viene considerato un conferimento rilevante fiscalmente come cessione a titolo oneroso, con conseguente tassazione delle plusvalenze maturate al di fuori del regime d'impresa. Tuttavia, la permanenza dei beni nella sfera istituzionale dopo l'operazione non costituisce un evento rilevante fiscalmente.
In conclusione, il passaggio di beni tra la sfera "impresa" e quella "istituzionale" comporta il realizzo dei beni a valori normali, mentre il permanere nel medesimo comparto consente la neutralità fiscale nel mondo impresa o non costituisce un evento rilevante fiscalmente nel mondo istituzionale. La chiara comprensione di questi meccanismi è essenziale per affrontare con successo operazioni straordinarie e garantire una gestione fiscale ottimale.
Inapplicabilità della neutralità fiscale in presenza di società semplici
L'analisi della "neutralità fiscale" e della sua inapplicabilità in presenza di società semplici rappresenta un elemento cruciale nelle dinamiche delle operazioni straordinarie. Questo principio, già esaminato nel contesto degli enti non commerciali, assume rilevanza anche quando almeno una delle società coinvolte nell'operazione è una società semplice, come evidenziato nelle risposte agli interpelli 309/2021 e 91/2018, nonché nella risoluzione 150/E/2009 dell'Agenzia delle Entrate.
L'Agenzia delle Entrate ha correttamente sottolineato che la società semplice, per sua natura, non è in grado di generare reddito d'impresa, poiché le è consentito svolgere solo attività diverse da quelle commerciali previste dall'articolo 2195 del Codice Civile. Inoltre, il reddito delle società semplici è costituito dalla somma dei redditi appartenenti alle categorie dell'articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), escludendo quelli assoggettati a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva, al netto degli oneri deducibili.
Poiché il regime di neutralità fiscale richiede che tutti i soggetti coinvolti nell'operazione siano soggetti al "regime d'impresa", questa condizione non si verifica quando una delle società coinvolte è una società semplice. Pertanto, situazioni come l'incorporazione di una società che svolge attività d'impresa in una società semplice o la scissione di una società commerciale a favore di una beneficiaria società semplice, coinvolgendo società "fiscalmente" non soggette al medesimo regime, comportano una "destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa". Ciò implica il realizzo dei beni a valore normale, come confermato anche dalla Cassazione nella sentenza n. 30228 del 30 novembre 2018. Il valore così determinato viene riconosciuto fiscalmente nella società semplice che ha avuto origine dall'operazione, impattando il calcolo dei redditi successivi.
Inoltre, il principio di neutralità fiscale non trova applicazione nelle operazioni di fusione o scissione in cui partecipano solo società semplici. In queste situazioni, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che il "trasferimento" dei beni da una società semplice a un'altra società semplice nell'ambito di una fusione o scissione, essendo queste regolate dal Codice civile senza una corrispondente regolamentazione fiscale completa, risulta irrilevante fiscalmente. Tale trasferimento non è riconducibile all'ambito oggettivo di applicazione dell'articolo 67 del Tuir, concernente i redditi diversi. Di conseguenza, il valore fiscale del bene trasferito rimane quello storico in capo al dante causa, evitando quindi eventuali impatti significativi sulla tassazione.
In conclusione, la gestione di operazioni straordinarie con società semplici richiede una valutazione attenta delle implicazioni fiscali, specialmente per quanto riguarda la destinazione dei beni, il riconoscimento dei valori fiscali e il trattamento delle riserve formatesi prima della "trasformazione".
La scissione non proporzionale e asimmetrica costituisce un meccanismo complesso che, oltre alla separazione dei beni aziendali, implica la divisione delle compagini sociali. Per illustrare questo tipo di scissione, consideriamo il caso di una società chiamata Alfa, i cui quattro soci sono Tizio, Caio, Sempronio e Mevio. Alfa decide di attuare una scissione parziale, trasferendo una parte del suo patrimonio alla società Beta. Dopo la scissione, le partecipazioni in Beta vengono attribuite esclusivamente a Tizio e Caio. Al contempo, avviene la riduzione del capitale di Alfa, annullando le quote di Tizio e Caio, che di conseguenza cessano di essere soci, mentre Sempronio e Mevio rimangono soci di Alfa. In questo modo, partendo da una società con un patrimonio e quattro soci, si giunge, in assoluta neutralità fiscale, a due società, ciascuna con due dei quattro soci originari, che si spartiscono il patrimonio aziendale.
La scissione non proporzionale e asimmetrica ha ricevuto diversi pronunciamenti da parte delle Entrate, che ne hanno confermato la legittimità in relazione alla norma anti abuso. Nella risposta 97 del 2020, l'Agenzia ha ribadito che la scissione asimmetrica è un'operazione fisiologica e fiscalmente neutrale, non suscettibile di critiche antielusive. Questa tipologia di scissione è spesso impiegata nei riassetto famigliari d'impresa per trasferire ad un gruppo di soci, meno coinvolti nella gestione aziendale, beni non strumentali o liquidità della società scissa, lasciando agli altri la proprietà delle aziende operative. Tali operazioni, in virtù dell'assenza di vantaggi tributari indebiti, non dovrebbero essere soggette a censure anti-abuso.
L'agenzia delle Entrate ha, tuttavia, posto come condizione di non elusività della scissione asimmetrica che essa non sia preordinata alla mera assegnazione dei beni della società scissa attraverso la creazione di società "contenitore" prive di operatività. Tale condizione, sebbene contestabile, è stata indicata come non rilevante in situazioni in cui la scissione non generi alcun vantaggio tributario. La mancanza di risparmio di imposte indebite in operazioni di scissione, come già affermato nella risoluzione 97/E/2017, esonera dal test di elusione, eliminando la necessità di esaminare le finalità extrafiscali dell'operazione o la presenza di sostanza economica.
In sintesi, la scissione asimmetrica, se priva di indebiti vantaggi tributari, si configura come un meccanismo legittimo e neutrale dal punto di vista fiscale, offrendo una via per la riorganizzazione societaria senza incorrere in critiche antielusive.
Il credito Irap, oggetto dell'interpello 368/2023 dell'Agenzia delle Entrate, viene confermato come oggetto di ripartizione fra le beneficiarie della scissione in proporzione alle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite alle stesse. In altre parole, la risposta dell'Agenzia delle Entrate sostiene che il credito Irap deve essere distribuito tra le società beneficiarie della scissione in base alle percentuali del patrimonio netto trasferito durante l'operazione.
Nel contesto specifico descritto, Alfa ha effettuato una scissione parziale di due rami aziendali a favore delle beneficiarie Beta e Gamma. Nonostante ciò, un credito Irap non è stato assegnato e Alfa desidera mantenere tale credito nella sua disponibilità. Tuttavia, l'Agenzia delle Entrate interpreta l'articolo 173, comma 4, del Tuir, affermando che le posizioni soggettive, compreso il credito Irap, si ripartiscono in base al patrimonio netto trasferito alle beneficiarie o al netto rimasto in capo alla società scissa.
L'Agenzia delle Entrate sottolinea che l'eccezione alla ripartizione proporzionale si applica solo quando le posizioni soggettive sono connesse specificamente o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso. Inoltre, vengono richiamate precedenti risoluzioni per sostenere che nel caso in questione, il credito Irap deve essere diviso tra la società scissa e le beneficiarie in base al patrimonio netto.
In sintesi, la risposta dell'Agenzia delle Entrate conferma che il credito Irap deve essere ripartito proporzionalmente alle quote del patrimonio netto contabile trasferite alle società beneficiarie della scissione, in linea con le disposizioni fiscali vigenti.
L'estinzione di una società a seguito della sua fusione per incorporazione con un'altra società è stata recentemente confermata come del tutto irrilevante ai fini dell'applicazione delle sanzioni previste dal Dlgs 231/2001, secondo quanto ribadito dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza 26787 depositata il 21 giugno 2023.
La sentenza ha chiarito che, nonostante la fusione comporti un fenomeno assimilabile alla successione mortis causa, tale analogia è puramente descrittiva e evocativa, limitandosi al contesto del diritto civile e non estendendosi alla sfera penale. La Corte ha respinto l'idea che l'estinzione dell'ente per fusione porti automaticamente alle stesse conseguenze di un decesso individuale, affermando che i fenomeni antropomorfici non possono essere riprodotti nei soggetti giuridici impersonali.
La fusione stessa è regolamentata dagli articoli 2501-2505 quater del Codice Civile, stabilendo che la società risultante dalla fusione o quella incorporante assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti, inclusi quelli di natura processuale.
Nonostante le controversie sulla cancellazione dell'impresa dal Registro e la disputa sulla possibilità di applicare le sanzioni del Dlgs 231/2001, l'articolo 29 dello stesso decreto dispone che, in caso di fusione, l'ente risultante è responsabile dei reati precedentemente imputati agli enti partecipanti. L'articolo 42 specifica che il procedimento penale prosegue contro gli enti risultanti dalla fusione, che partecipano al processo nello stato in cui si trova, depositando la dichiarazione di costituzione dell'ente.
L'articolo 70 del Dlgs 231/2001 chiude il cerchio affermando che, in caso di fusione, il giudice deve indicare nel dispositivo che la sentenza è pronunciata nei confronti degli enti risultanti dalla fusione stessa, indicando anche l'ente originariamente responsabile. La sentenza pronunciata contro quest'ultimo ha comunque effetto anche nei confronti dell'ente risultante dalla fusione.
Questa normativa non configura una "colpa da incorporazione" né una responsabilità oggettiva, bensì una previsione armonica all'articolo 2504 bis del Codice Civile. Tale disposizione mira a bilanciare la necessità di evitare l'elusione della responsabilità attraverso operazioni straordinarie con la volontà di escludere effetti penalizzanti eccessivi che potrebbero ostacolare interventi di riorganizzazione senza scopi elusivi. Pertanto, le vicende modificative dell'ente, come la fusione, non influenzano la sua responsabilità per fatti commessi in precedenza.
In data 23 febbraio 2023, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera definitivo al Decreto Legislativo che attua la Direttiva (UE) 2019/2121, la quale apporta modifiche alla Direttiva (UE) 2017/1132 riguardante trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere. Questa nuova normativa sostituisce il precedente Decreto Legislativo n. 108/2008 e si applica alle operazioni transfrontaliere, estendendo la sua portata non solo alle fusioni, ma a tutte le operazioni di questo tipo che, alla data del 3 luglio 2023, non abbiano ancora pubblicato il relativo progetto. Le innovazioni introdotte sono molteplici e di rilevanza significativa, e il presente contributo si concentrerà su alcune di esse.
I principi chiave della nuova disciplina includono:
Certezza del Diritto: Si mira al consolidamento di un quadro giuridico armonizzato tra gli Stati Membri, rispettando comunque la sovranità dei singoli ordinamenti nella formulazione dei dettagli normativi.
Tutela degli Interessati: Vengono introdotti obblighi informativi e garanzie sostanziali per la tutela di soci, lavoratori e terzi che potrebbero essere coinvolti o pregiudicati dall'operazione.
Semplificazioni Procedurali: Vengono previste semplificazioni e razionalizzazioni dell'iter, soprattutto nei casi giustificati come, ad esempio, nelle fusioni semplificate.
Per quanto riguarda gli aspetti procedimentali delle fusioni e scissioni, il Decreto Legislativo introduce elementi innovativi specifici ma mantiene in larga parte adempimenti sovrapponibili a quelli previsti per le operazioni interne. L'articolazione delle operazioni rimane in fasi preliminari (progetto di fusione), decisionali (decisione dell'assemblea) e conclusive (atto di fusione).
Il progetto di fusione deve essere redatto dall'organo amministrativo delle società coinvolte. La nuova disciplina amplia gli elementi essenziali del progetto rispetto a quelli applicabili secondo l'articolo 2501-ter c.c.
Le relazioni richieste dalla legge, come la relazione degli amministratori e quella degli esperti, sono rese più rilevanti, richiedendo un'attenzione maggiore a diversi aspetti, comprese le ragioni economiche dell'operazione e il rapporto di cambio.
La decisione dei soci sulla fusione prevede ora un sistema più dettagliato per la disciplina del recesso del socio dissenziente, della determinazione del valore della partecipazione liquidata e dell'indennizzo in caso di contestazione del rapporto di cambio.
L'atto di fusione, un atto pubblico, è subordinato al decorso del termine per l'opposizione dei creditori e al meccanismo di controllo di legalità affidato al notaio, come previsto dalla normativa precedente.
L'articolo 54 del Decreto Legislativo introduce il reato di "false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare," sanzionando chiunque formi documenti falsi o ometta informazioni rilevanti per ottenere il certificato preliminare con pena detentiva e interdizione temporanea dagli uffici direttivi.
L'articolo 55 del Decreto Legislativo collega questo reato ai presupposti della responsabilità amministrativa degli enti di cui all'art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001, applicando una sanzione pecuniaria da 150 a 300 quote.
Dopo l'emanazione di questa normativa, le società dovranno aggiornare il loro Modello Organizzativo del D.Lgs. 231/2001, considerando il rischio di commissione del nuovo reato e introducendo adeguate misure di salvaguardia.
La Sezione specializzata in materia di imprese del Tribunale di Catanzaro, con la sentenza n.1271 del 25 luglio scorso, ha chiarito che l'azione di simulazione non è idonea ad impugnare la scissione societaria, ma questa può essere resa inefficace mediante l'azione revocatoria. La decisione è emersa da un giudizio in cui una curatela fallimentare aveva richiesto di dichiarare la simulazione di un atto di scissione societaria, presentando in subordine un'azione revocatoria.
L'interconnessione degli articoli 2504 quater e 2506 ter comma 5 del Codice Civile garantisce ai creditori una tutela specifica, consentendo loro di opporsi preventivamente alla scissione entro 60 giorni dall'iscrizione del progetto nel Registro imprese. Questo quadro normativo esclude qualsiasi pronuncia che conduca alla caducazione degli effetti della scissione. L'eventuale successo di un'azione di simulazione potrebbe determinare una modifica irreversibile degli assetti societari, compromettendo la certezza e la stabilità.
Secondo questa disciplina, le ragioni dei creditori possono essere tutelate attraverso il diritto al risarcimento del danno se l'atto di scissione è stato completato e registrato nel Registro imprese. Tuttavia, questa preclusione non si applica all'azione revocatoria, sia essa ordinaria o fallimentare, dell'atto di scissione, che essa sia parziale o totale.
Anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la decisione del 30 gennaio 2020, causa C-394/18, ha sottolineato che il sistema normativo deve limitare i casi di nullità della scissione a ipotesi tassative che incidano sulle condizioni di formazione dell'atto, preservando così la certezza del diritto nei rapporti tra le società e con i terzi.
Dopo la realizzazione di una scissione, i creditori della società scissa, i cui diritti risalgono all'epoca precedente la scissione e che non hanno esercitato strumenti di tutela preventiva, possono intraprendere un'azione revocatoria per dichiarare la scissione inefficace nei loro confronti. Queste azioni non compromettono la validità della scissione, ma determinano un'inefficacia relativa che coinvolge solo alcuni soggetti.
È importante notare che questo rimedio non entra in conflitto con l'opposizione al progetto di scissione, che è legata all'intangibilità della validità dell'atto una volta depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del Registro imprese. Inoltre, nelle scissioni parziali si verifica un effetto traslativo che comporta l'acquisizione di valori patrimoniali da parte della società beneficiaria, senza l'estinzione della società scissa. Di conseguenza, la scissione parziale può comportare una diminuzione della garanzia generica per i creditori della società scissa, creando potenzialmente le basi per l'esercizio della tutela revocatoria. Tuttavia, spetta al creditore dimostrare che dalla scissione sono derivati effettivi cambiamenti quantitativi o qualitativi nella garanzia patrimoniale, di cui il debitore e il terzo acquirente erano a conoscenza o perseguitavano.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza 2993 del 15 novembre 2022, ha stabilito che la cancellazione di una società dal Registro delle imprese non preclude la condanna della società per un illecito 231, a condizione che Pm e difesa abbiano concordato l'applicazione della pena. Il giudice per le indagini preliminari ha sottolineato che l'estinzione dell'ente, avvenuta successivamente all'addebito definitivamente elevato in conformità al Dlgs 231/2001, non influisce sulla possibilità di una pronuncia pregiudizievole. Riguardo alle modalità di esecuzione della condanna, il Gip non si è pronunciato, lasciando tale decisione al Pm.
Nel caso specifico, la società, dopo la notifica dell'atto di contestazione dell'illecito amministrativo 231, si era costituita nel procedimento depositando un'istanza di applicazione della sanzione su richiesta, ottenendo il consenso del Pm. Tuttavia, oltre due anni dopo, la società era stata cancellata dal Registro delle imprese. Il Gip di Milano ha ritenuto irrilevante la cancellazione, enfatizzando la necessità di impedire che successive azioni influenzino la risposta dell'ordinamento all'illecito dell'ente. Ha sottolineato che la fase esecutiva sarebbe basata sulla fictio iuris della persistenza in vita del soggetto giuridico, fingendo cioè che l'ente sia ancora esistente.
La normativa vigente non regola l'estinzione dell'ente nel contesto del Dlgs 231/2001. L'articolo 70, dedicato alle vicende modificative dell'ente, si limita a trattare trasformazioni, fusioni o scissioni, senza affrontare specificamente l'estinzione. Questa lacuna normativa ha portato a due orientamenti giurisprudenziali contrastanti.
Da un lato, il Tribunale di Milano, in linea con la sentenza della Cassazione del 17 marzo 2022, n. 9006, ha sostenuto che la cancellazione di una società dal registro delle imprese non dovrebbe determinare l'estinzione dell'illecito amministrativo. Questa interpretazione si basa sulla considerazione che il silenzio del legislatore non dovrebbe portare a considerare l'estinzione della persona giuridica analogamente alla morte di una persona fisica. La sanzione amministrativa pecuniaria potrebbe persino trasferirsi ai soci, secondo questo approccio.
Dall'altro lato, un secondo orientamento nega l'applicabilità in materia penale di tale principio, affermando che l'estinzione fisiologica e non fraudolenta dell'ente sarebbe assimilabile all'evento della morte dell'imputato. Questo orientamento respinge l'idea che la cancellazione di una società dal registro delle imprese possa comportare un passaggio automatico della titolarità dell'impresa ai singoli soci.
Il dibattito giurisprudenziale, quindi, rimane aperto su come trattare l'estinzione dell'ente nel contesto del Dlgs 231/2001.
Il processo di trasformazione rappresenta un'operazione straordinaria che apporta modifiche significative alla forma giuridica di un ente o di una società. Tale procedura può essere innescata da diversi fattori, tra cui considerazioni aziendali, variazioni nelle dimensioni dell'entità, responsabilità civili (come l'ingresso di nuovi soci e la necessità di separare i beni personali da quelli aziendali), aderenza alle disposizioni di legge, esigenze finanziarie e considerazioni fiscali che variano in base alla forma giuridica.
I pro e i contro della trasformazione devono essere valutati attentamente da molteplici prospettive. Il nostro ordinamento legale, in particolare gli articoli 2498/2500-novies del Codice Civile, consente principalmente due modalità di trasformazione: omogenea ed eterogenea.
La trasformazione omogenea può avvenire in due direzioni principali: progressiva, che comporta la trasformazione da società di persone a società di capitali, e regressiva, che implica il passaggio da società di capitali a società di persone. In entrambi i casi, la delibera di trasformazione deve rispettare specifiche maggioranze previste dalla legge o dallo statuto, e nel caso della trasformazione progressiva, è necessario determinare il nuovo capitale sociale attraverso una valutazione accurata degli elementi patrimoniali.
Per quanto riguarda la trasformazione regressiva, i soci non vengono esentati dalla responsabilità verso le obbligazioni sociali sorte prima dell'efficacia della trasformazione stessa.
La trasformazione eterogenea, invece, avviene quando si passa da società di capitali a organismi aventi natura non societaria e viceversa. Tale operazione richiede l'approvazione dell'assemblea della società di capitali coinvolta, con le maggioranze previste per le modifiche statutarie. In questo caso, è fondamentale ottenere il consenso di tutti i soci che, a seguito della trasformazione, assumono responsabilità illimitata.
In conclusione, la trasformazione, indipendentemente dalla sua natura, produce effetti giuridici a partire dal completamento degli adempimenti pubblicitari prescritti dalla normativa vigente (articolo 2500, comma 3).
L'Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta 445 del 2023, ha recentemente offerto ulteriori dettagli riguardo alla liquidazione dell'Iva di gruppo in relazione alle operazioni straordinarie. L'articolo 73 del decreto Iva disciplina questa procedura, consentendo a società interconnesse da rapporti di controllo e che soddisfano specifici requisiti di procedere con la liquidazione dell'Iva di gruppo. Tale processo avviene attraverso la compensazione dei debiti e crediti risultanti dalle liquidazioni di tutte le società partecipanti, semplificando così la gestione delle situazioni credito-debito tra di esse.
Tuttavia, per poter accedere a questa procedura, è necessario che le società siano considerate controllate, intendendo per tali quelle il cui possesso azionario superi il 50% del loro capitale, almeno dal 1° luglio dell'anno solare precedente, da parte della società controllante o di un'altra società da essa controllata. Questa definizione esclude precauzionalmente le società legate solo occasionalmente e temporaneamente per ragioni fiscali.
Nel caso specifico oggetto di interpello, le società incorporate dalla controllata a seguito di un'operazione di fusione non erano direttamente o indirettamente controllate dalla controllante e avevano accumulato un credito Iva nell'anno solare precedente all'incorporazione. Secondo l'Agenzia, benché la controllata incorporante possa continuare a partecipare alla liquidazione Iva di gruppo dopo l'incorporazione di società non controllate direttamente, il credito accumulato dalle società incorporate non può essere incluso nell'Iva di gruppo. Tale credito può essere solo utilizzato in compensazione orizzontale dalla controllante o richiesto a rimborso al verificarsi delle condizioni previste.
Inoltre, l'incorporante può incorporare nel proprio calcolo della liquidazione solo il credito o debito derivante dalle operazioni compiute dall'incorporata nel mese o trimestre in corso alla data di effetto dell'incorporazione. Si auspica che, nell'ambito dell'attuazione della delega fiscale, vengano esaminate anche tali questioni, al fine di considerare l'ingresso nella procedura di liquidazione Iva di gruppo come un ulteriore presupposto per richiedere il rimborso completo dell'imposta, che altrimenti non può essere trasferita alla procedura stessa.
Il Consiglio Notarile di Milano ha recentemente enunciato un nuovo principio, affermando che nulla vieta lo scorporo a favore di una società già esistente, purché si rispettino le regole stabilite per il rapporto di cambio. Questa massima delinea le dinamiche dello scorporo, una variante della scissione introdotta nel Codice civile nel marzo dell'anno corrente (articolo 2506.1) come conseguenza dell'attuazione della direttiva UE 2019/2121 sulle operazioni societarie transfrontaliere.
Lo scorporo si caratterizza per l'assegnazione di azioni o quote della beneficiaria alla società scissa anziché ai relativi soci. Sebbene la normativa europea armonizzi solo la scissione mediante scorporo a favore di una società da crearsi con la stessa operazione, anche lo scorporo tra società italiane è stato regolamentato, specialmente quando la beneficiaria è di nuova costituzione.
Questo non esclude la possibilità di uno scorporo a favore di una società già esistente. Diversi argomenti supportano questa soluzione: l'ammissibilità di operazioni straordinarie atipiche, l'analisi delle ragioni alla base dell'introduzione dello scorporo, la comparazione con altri ordinamenti e la meritevolezza degli interessi nel modificare la base sociale della beneficiaria con l'inclusione della società scissa.
Tuttavia, è essenziale stabilire una partecipazione congrua alla società scissa, considerando il patrimonio proveniente da essa e quello già presente nella beneficiaria. Questo richiede l'applicazione di regole sul rapporto di cambio, che sono normalmente disapplicate quando la scissione è a favore di una società creata con l'operazione.
Per quanto riguarda il diritto di recesso, non riconosciuto nello scorporo a favore di una neocostituita, la massima sostiene la sua negazione ai soci della scissa anche in questo caso, equiparando il risultato finale a quello della variante con l'aumento di capitale. Al contrario, si propone il riconoscimento del diritto di recesso ai soci della beneficiaria che non sia una società azionaria.
La massima milanese affronta anche altri aspetti problematici dello scorporo. In particolare, precisa che non è richiesta una relazione di stima per la parte di patrimonio assegnata alla beneficiaria, tranne che nei casi in cui la scissione richieda tale relazione. Inoltre, chiarisce che lo scorporo può essere seguito da modifiche significative nell'attività della scissa, inclusa la messa in liquidazione, poiché l'indicazione normativa che la scissa "continua la sua attività" mira a escludere la sua estinzione diretta come avviene nella scissione totale.